Dolce e Gabbana, Chiesa e volgarità

Dolce: Noi lavoriamo con l’estetica e non possiamo fare altro che far vedere il bello…

Gabbana: Percui non possiamo lavorare con lui!

Si tratta di una replica a Giuliano Ferrara che alcuni minuti prima aveva criticato un famoso manifesto pubblicitario di Domenico Dolce e Stefano Gabbana. Questo è stato l’esordio della coppia di stilisti, ospiti di Daria Bignardi a Le invasioni barbariche lo scorso venerdì. La parte iniziale dell’intervista prosegue sul tema della volgarità, soprattutto nella pubblicità. Daria Bignardi chiede del rapporto con i media per le campagne pubblicitarie, citando la querelle con i vertici del New York Times, le parole di un giornalista del quotidiano – il quale aveva giudicato volgare la collezione del ventesimo anniversario della casa di moda e burini i suoi due creatori – e infine la frase della dirigenza dello stesso Times che accusava la moda e gli stilisti italiani di vestire solo le puttane. “Siamo cresciuti del 20% negli Stati Uniti, quindi gli Stati Uniti sono pieni di puttane…” fu la risposta, ricorda Gabbana. L’incontro barbarico si snoda poi tra vari temi dell’attualità. “Se nascevo donna volevo diventare una velina per sposarmi un calciatore.” Così Dolce sull’argomento calcio, sponsor e calciatori. Si torna infine a Padre Kizito, anch’esso ospite della trasmissione qualche momento prima. Prendendo il la dal velato invito di un accompagnatore a donare denaro all’opera del prete, Domenico Dolce chiude il discorso sulla Chiesa Cattolica: “Allora, i ragazzi chiedevano a noi dei soldi e io mi chiedo: come mai la Chiesa vive in ricchezza e non aiuta la gente povera? Come mai? Come mai il Vaticano è miliardario, che vendano qualche diamantone, quattro calici…” Risposte dirette e sincere, come quando spiegano il motivo del loro essere berlusconiani. Pochi i peli sulla lingua, non saranno trendy!

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