Ecco come Dolce & Gabbana nascondevano i soldi al fisco

I 259 milioni di euro di redditi imponibili non dichiarati da Domenico Dolce e Stefano Gabbana (di cui Repubblica ha dato notizia l'8 marzo scorso), non sono figli né di un "errore tecnico", né di un pasticcio, né di un equivoco. Il rapporto del Nucleo tributario della Guardia di Finanza di Milano documenta come, dal 2004 al 2006, i due stilisti erano consapevoli di quanto avveniva in Lussemburgo, la piazza finanziaria in cui avevano collocato il baricentro societario del gruppo, al punto da autorizzare un maquillage formale degli organi societari, utile a conservare, dissimulandola, la loro condizione di vantaggio fiscale, minacciata dalle iniziative del governo Prodi. I fatti. Fino al 2004, la struttura del gruppo è lineare. Dolce e Gabbana controllano saldamente i marchi dell'azienda (la sua ricchezza) attraverso la "D&G s. r. l.", società italiana cui partecipano in percentuale paritetica e a cui fa capo l'intera catena societaria, ricevendone in cambio le cosiddette "royalties", i compensi per la concessione della licenza del marchio. Gli introiti della "D&G" sono importanti e il gruppo in Italia paga un'imposta (l'Ires) che si aggira tra il 32 e il 33 per cento. Troppo, per i due stilisti.


Nel 2004, dunque, ecco la mossa che deve liberarli dal giogo fiscale italiano. Nascono in Lussemburgo la "Dolce&Gabbana Luxembourg s. a. r. l." e la "Gado s. a. r. l", che dalla prima è controllata al 100 per cento. Contestualmente, il 29 marzo di quell'anno, la "D&G" cede per 360 milioni di euro i marchi dell'azienda alla "Gado". Sia l'una che l'altra società lussemburghesi sono semplici "scatole". La "Dolce & Gabbana Luxembourg s. a. r. l." (tuttora indicata nel sito istituzionale come "capogruppo") è infatti una sub-holding della "D&G" s. r. l., mentre nel cda della "Gado" siedono il fratello e la sorella di Domenico Dolce (Alfonso e Dorotea) e Cristiana Ruella, il direttore finanziario del gruppo che ha sede in Italia (la manager ha sin qui deciso di non rendersi disponibile alle domande di Repubblica).

Tuttavia, come tutte le scatole, hanno entrambe una funzione cruciale. Consentono infatti di creare uno schermo societario tra i due stilisti (che restano di fatto i beneficiari finali dello sfruttamento dei marchi) e una voce di reddito importante come le royalties per lo sfruttamento dei marchi che, con il nuovo assetto, consentono al gruppo di non essere più tassato al 32-33 per cento, ma con una percentuale concordata con il fisco lussemburghese che indicativamente può arrivare anche al 2-3 per cento. I risparmi sono consistenti non solo sotto il profilo tributario, ma anche perché consentono di abbattere l'imponibile della Dolce&Gabbana s. r. l., la società italiana del gruppo che, a partire dal 2004, eroga le royalties alla "Gado". Per le casse dell'Erario, come Repubblica ha già riferito l'8 marzo scorso, significa un minore imponibile dichiarato di 259 milioni di euro. Non è tutto. Il marchingegno messo in piedi in Lussemburgo gode del lavoro della "Alter Domus", un trust che, nel suo sito istituzionale, informa di essere "specializzato nel set-up, domiciliazione e management di società lussemburghesi, olandesi e cipriote". I suoi consulenti assegnati alle scatole lussemburghesi di D&G, Gerard Becquer e Dominique Robyhs, si danno un gran da fare e hanno come loro referenti la Ruella, di cui si è detto, e Giuseppe Minoni, direttore amministrativo del gruppo. Sono solerti nel ricevere e scambiare mail che non vengono però distrutte dai destinatari italiani e che, quando finiscono nelle mani della Finanza, svelano due sgradevoli verità. La prima: le decisioni della "Dolce&Gabbana Luxembourg s. a. r. l" e della "Gado" vengono prese a Milano, da Domenico Dolce e Stefano Gabbana. Sono dunque due società "esterovestite". La seconda: quando il governo Prodi si ingegna per rendere più complicato il trucco delle "esterovestizioni", i due stilisti dispongono che si corra ai ripari. Leggiamo. 30 agosto 2005. Minoni scrive alla Ruella: "Ti allego ... le bozze dei bilanci delle due lussemburghesi. Anche questi andranno approvati a settembre. Tema da affrontare: sarebbe meglio fare board e assemblee in Lussemburgo". 14 febbraio 2006. Ancora Minoni alla Ruella: "Ti allego documento da firmare per Gado per legittimare rimborso a Gado della ritenuta acconto da parte di DG srl. Fammi sapere se vedi tu il sig. Dolce o devo raccogliere io la sua firma". Quindi, a marzo 2007, "il problema". Cambia la disciplina sulle subholding estere. Minoni informa la Ruella: "Il nostro comune cliente, Dolce & Gabbana, ha deciso di cambiare i consiglieri della "Dolce & Gabbana Lux" e della "Gado". Il cambiamento è imposto dalla recente modifica della legge fiscale italiana che introduce per le subholding estere il concetto che qualora la maggioranza dei consiglieri sia italiana, anche la subholding estera deve essere considerata italiana". I nomi delle nuove teste di legno sono pronti: "Il presidente sarà un cittadino italiano residente in Gran Bretagna; Alfonso Dolce; e i consiglieri Cristiana Ruella, un cittadino lussemburghese fornito da Alter Domus e un altro lussemburghese da Banca Intesa Lux". "È fondamentale - si suggerisce - eleggere il nuovo consiglio prima del 31 marzo 2007".

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