Il Surrealismo nelle mani di Dolce & Gabbana diventa un tributo più intellettuale che artistico: «Man Ray, Magritte e Dalì» spiegano «non avevano preconcetti borghesi, il loro modo di avvicinare nell’arte qualsiasi elemento li portava a essere più liberi. E visto che oggi occorre battere la crisi con la creatività, quel pensiero forte ci affascina». Ma non li condiziona: certo la tentazione di riportare i cerchietti per i capelli con appesi guanti, orologi, ametiste, tronchi di metallo, oppure altri grandi guanti di pelle che formano una sciarpa, all’insegnamento dei maestri c’è. Ma finisce lì.
La libertà espressiva dei due stilisti è bruciante: molti tailleur e cappotti preziosi, con spalle a farfalla, senza struttura interna, dove il tessuto è croccante ma così leggero da poterle piegare con un soffio, poi le maniche a conchiglia nate dal busto di una giacca e le gonne disegnate come se un colpo di vento le avesse saldate nell’aria, un po’ di sbieco. Tutto è lavorato dalla vita in su. Con volant che sembrano orchidee giganti e rouches d’oro: «Non ci sono più canoni precisi e bisogna tornare a sognare. Quando le donne vivono momenti drammatici, si truccano di più. Nella moda è la stessa cosa e la gente capisce le novità più di quanto si creda». Così, in una pianura dove tutto è nero e bianco, bellissimi gli abiti da sera con Marilyn Monroe come se fosse fotografata da Man Ray, ci sono piccole esplosioni di blu e rosa shocking: da museo il cappotto in astrakan con maniche di capra rosa appunto e bottoni di legno fissati con chiodi. Da cult invece la borsa Miss Sicily e le zeppe con profili femminili surrealisti.
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