Armani e la polemica con Prada e D&G

«La moda è delle banche!». Prima ancora che qualcuno potesse fargli una domanda, a margine della sua sfilata maschile, Giorgio Armani il 21 giugno ha aperto così la sua conferenza stampa. Un calcio d'inizio di una partita polemica che lo ha visto sempre all'attacco, per tutto l'incontro stampa, rivendicando la sua indipendenza, criticando quelle che chiama baracconate, sostenendo l'esistenza di un intreccio tra moda, finanza e giornali.
LA MODA E' DELLE BANCHE. «È da un po' che ve lo volevo dire e adesso ve lo dico. La moda è delle banche, della borsa, non è più dei proprietari ma di qualcuno che gli sta sopra. L'influenza delle banche su questo business non è un mistero, e poi le banche influenzano i giornali che fanno i titoli e influenzano a loro volta... invece io credo che bisogna fare e mostrare cose che piacciano al pubblico per ciò che sono. Se si dice bene di una sfilata, non per gli abiti piacevoli ma per motivi diversi, il nostro lavoro é in gran parte annullato. Puoi fare la sfilata più bella, ma se non hai un certo tipo di supporto...». Invece «la sfilata deve servire a mostrare qualcosa che abbia un senso portare, al di là del titolo strillato che è comunque difficile avere se fai una moda come la mia, che si rinnova ma è fedele a se stessa. È difficile far parlare di una collezione, anche se poi ti dicono che una collezione come la tua non la sa fare nessuno».
LA POLEMICA CON PRADA E D&G. E Armani a questa logica non ci sta: «Ho molti dubbi, non mi appartiene, c'é dietro qualcosa che non mi compete più, non è giustificato parlar bene di una cosa solo perché c'é qualcosa di molto importante che la sostiene. Io sono indipendente, ecco! Io dipendo solo dalla creatività mia e dei miei collaboratori». La polemica diventa ancora più diretta, con nomi e cognomi: «Miuccia Prada ha scelto la strada dell'ironia, del cattivo gusto che diventa chic e dello chic che rasenta il cattivo gusto, nel suo genere è geniale, come lo sono i due Dolce e Gabbana. Mi infastidisce però pensare che si dà spazio a un titolo che osanna la collezione, e si sa perché si fa, anche se qualche volta la collezione è brutta. E scommetto che quel tipo di prodotto è venduto in misura molto relativa».
SERVE UNA MODA REALE E VERITIERA. Armani si sente forse trascurato dalla stampa? «Il mio nome é importante, fa anche da traino per la moda italiana, quindi comunque mi pubblicano, ma c'é chi usa invece un investimento importante per un ritorno che sia la borsa o altro. Per me la sfilata è una grande verità e vi è legato un grande risultato: io non faccio sfilate di accessori!». E per sottolineare polemicamente cosa fanno invece gli altri, aggiunge: «Ho perfino letto un titolo che diceva 'strepitosi foulard'». La questione di una moda reale e veritiera «la sento molto», ha spiegato, «soprattutto per quanto riguarda l'uomo: se facciamo le sfilate perché giunga un messaggio al pubblico, non dobbiamo baracconare l'uomo, perché è un insulto al genere maschile! Il mio è un uomo che si adatta ai tempi senza cadere nel ridicolo, senza essere vittima dello stilismo per accontentare la stampa che non si accontenta». I giornalisti incalzano su Prada, sulla sua moda, vogliono sapere cosa ne pensa Armani, che dice: «Per fare sottigliezze bisogna avere cultura di moda, loro, gli orientali, si avvicinano alla moda in modo naif».
Si torna alla quotazione in borsa che significa anche molti soldi per un'azienda, e Armani risponde: «Io non ho debiti. Il loro problema invece è restituire i soldi che le banche hanno sborsato per rendere forte il nome di Prada. Ci può essere la borsa, ci può essere un'aggregazione di partner, ci possono essere tanti mezzi e la borsa è uno di questi, ma per il momento non mi sento di avere davanti alla porta dei manager, magari della Thailandia, e sostenere un confronto che, essendo stato solo tutta la vita, sarebbe rinunciatario».

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