Dolce & Gabbana e gli orecchini della discordia

Tra le polemiche che hanno accompagnato la settimana della moda di Milano (ritardi infiniti dei fashion show, polemiche tra stilisti e un confronto con Parigi da cui usciamo sempre meno vincenti) si va ad aggiungere quella scaturita da un paio di orecchini di Dolce & Gabbana. A distanza di un mese l’eco della polemica si fa ancora sentire tramite la poco signorile dichiarazione della rapper statunitense Azealia Banks:

“Boicotterò di certo Dolce & Gabbana. Chiunque abbia progettato quella collezione razzista di Dolce e Gabbana si meriterebbe subito un calcio in bocca e un grosso c*** su per il c***. Odio quando le persone giustificano atti razzisti come “arte”. Semplicemente, non era necessario. Gli abiti della collezione andavano bene anche senza tutte quelle “black Mammie”.”

Imprecazioni a parte, andiamo con ordine e ricostruiamo la vicenda. Gli orecchini incriminati sono quelli della collezione primavera-estate 2013 che ritraggono i volti delle mamy, le donne di colore che all’epoca della schiavitù (e per molto decenni a venire) negli Stati Uniti ricoprivano il ruolo di tate, colf e tutto fare nelle case dei ricchi. Celebre è la Mamy di Via col Vento, che raffigura perfettamente la donna degli orecchini: foulard in testa e orecchini (o collana) vistosi. Sul web gli accessori Dolce & Gabbana sono stati visti come caricatura del “personaggio”, con riferimenti evidenti allo sfruttamento e alla schiavitù. In altre parole, in breve tempo si è diffusa l’accusa di razzismo nei confronti degli stilisti con relative polemiche a catena che solo il popolo della rete è in grado di suscitare.

Pronta la risposta dei designers, che sul loro sito Swide.com precisano il contesto storico e culturale in cui vanno collocate le figure, ovvero quello della maiolica, un particolare tipo di ceramica smaltata molto diffusa in Sicilia. E tra i soggetti prediletti di tale arte ci sono i Mori, le popolazioni conquistatrici che invasero l’isola tra il 827 e il 902 dC. La scelta del volto della donna risale in particolare ad una leggenda che ruota attorno alla cultura moresca dell’epoca, che potete leggere qui.

Morale: non si tratta di un goffo tentativo di giustificare l’arte fine a se stessa - come dice la signora Banks -, ma è una precisa volontà di ripercorrere le radici della propria cultura e della propria storia anche nella moda, esattamente come hanno fatto Domenico Dolce e Stefano Gabbana nelle loro ultime collezioni. La polemica, oltre che essere meramente pretestuosa, sconfina quasi nel ridicolo perché totalmente infondata. Come si dice in questi casi, la malizia è negli occhi di chi guarda.

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