Madonna debutta come regista in 'Sacro e Profano'

Dice che alla sua età un artista ha il diritto di fare ciò che vuole. Giura che a 50 anni, "ventisei spesi a fare la regina del pop", un giro di vite non solo è salutare, ma indispensabile. Madonna arriva al telefono trafelata, preceduta da voci di segretarie che scatenano nella cornetta l'urgenza di un pronto soccorso. "So che da voi non è ancora l'alba, mi scuso per l'ora, ma sono talmente contenta che il mio film esca in Italia che non avrei rinunciato a questa chiacchierata per niente al mondo". Ordina a qualcuno di passarle un asciugamano, è reduce dalle prove per il tour estivo (il 14 luglio a Milano e il 16 a Udine). "Una giornata estenuante, ma adesso parliamo di cinema", esclama. 

Il suo primo film da regista, Sacro e profano, già presentato alla Berlinale, esce oggi nelle nostre sale, distribuito dalla Sacher di Nanni Moretti. "Nanni chi?", chiede Madonna incuriosita. E pretende lo spelling del cognome. Ma quel regista italiano non lo ha mai sentito nominare. "Mi par di capire che dovrei essere lusingata dal suo interessamento", commenta cauta. "Per me è già un traguardo che Sacro e profano sia uscito in molti paesi europei. Vuol dire che per il pubblico che ha conosciuto Fellini e la nouvelle vague non è proprio roba da buttare". 

Per essere la prima volta dietro la macchina da presa di un'eccellenza del pop e di un'attrice che raramente ha azzeccato un film, Sacro e profano è un esordio che profuma di fresco. La sceneggiatura è un'estensione del Madonna-pensiero, mai ridondante però; Eugene Hutz dei Gogol Bordello (già impressionante caratterista in Ogni cosa è illuminata) - che impersona un musicista costretto a soddisfare i fantasmi sadomaso dei suoi clienti per poter finanziare il suo gruppo di punk gitano - è uno straordinario protagonista; la Londra colorata e multietnica in cui è immersa la storia offre spunti brillanti di tragicomica vita quotidiana. 

Lei dice di avere una venerazione per Federico Fellini, di esserne stata persino influenzata. 
"Nel 1993 cercavo un regista per il clip di Rain e pensai subito a lui. Gli scrissi una lettera". 

Era una canzone tratta dall'album Erotica, il maestro, forse, si sentì in imbarazzo. 
"Tutt'altro. Mi rispose con una lettera in cui opponeva un rifiuto cortese. Seppi solo più tardi che era malato. Sarebbe morto dopo pochi mesi. Quel messaggio vergato con la sua inconfondibile calligrafia è incorniciato qui, nel salotto della mia casa di New York, accanto ai quadri di Tamara De Lempicka". 

Il fatto di essere stata per molti anni moglie di un regista ha in qualche modo stimolato la sua decisione?
"Guy Ritchie non è l'unico uomo di cinema che è entrato nella mia vita (è stata sposata con Sean Penn e ha avuto una relazione con Warren Beatty, ndr). I registi sono artisti visionari. Ho sempre provato per loro invidia e attrazione. Scrivere e realizzare un film è una sfida straordinaria. Per riuscirci devi scatenare la creatività. Per una come me che per un quarto di secolo è entrata e uscita dal mondo del cinema, è stata un'evoluzione naturale. Guy mi ha dato un consiglio prezioso: fidati del tuo intuito". 

Si racconta che, come attrice, lei fosse la spina nel fianco dei registi. Che praticamente riscrisse la sceneggiatura di Cercasi Susan disperatamente per adattarla alla sua immagine di pop star. 
"Ora ho capito che non è piacevole quando qualcuno interferisce col tuo lavoro. Se hai in mente un progetto preciso vuoi realizzarlo a modo tuo. La storia di Sacro e profano mi girava in testa da un po'. Riflette alcune mie esperienze, ma non solo. Inizialmente doveva essere un corto, nato dall'idea che avevo avuto per una pubblicità della H&M. C'è dentro il mondo della musica, che conosco molto bene, ma anche personaggi ispirati a persone che ho realmente incontrato sulla mia strada, come la ballerina di lap dance o la farmacista che sogna di fare la volontaria in Africa, le ragazze che dividono l'appartamento con A. K. (Eugene Hutz)". 

Qualcuno ha scritto che lei si è agevolmente improvvisata regista sfruttando il suo stato di pop idol. 
"Non sono una stagista del cinema. Ho realizzato documentari sulla vita on the road e più recentemente I am because we are (sulla povertà e la carestia del Malawi, ndr). La mia passione per il cinema è antica ma non remota. Da bambina non ero attratta dalle immagini del grande schermo, poi quando mi sono iscritta all'Università del Michigan ho incominciato a frequentare in maniere frenetica il cineforum. E ho scoperto Fellini, Pasolini, Visconti, René Clair e la nouvelle vague di Godard. Per me fu come l'avvento di un secondo Gesù Cristo. Sa che cosa ho regalato ai miei amici per Natale? Una visione privata in casa mia di Rocco e i suoi fratelli. Ecco, se dovessi dirigere il remake di un classico, sceglierei il capolavoro di Visconti. E affiderei i costumi a Dolce e Gabbana". 

Adesso la priorità è il tour. A quando la seconda prova da regista? 
"Ho già pronta una sceneggiatura top secret. Faremo il casting in autunno e, se tutto andrà bene - cioè se riuscirò a trovare i soldi - a gennaio comincerò a girare". 

Icona pop, attrice, collezionista d'arte, ora film maker. Non è un rischio per un'artista nella sua posizione avventurarsi in nuovi territori? 
"Il rischio è il liquido amniotico dell'artista. Non mi spaventa, mi stimola. A 50 anni non voglio restare chiusa in gabbia. Né rimanere imbottigliata come acqua minerale. L'etichetta che mi avete affibbiato non corrisponde più al prodotto? Fatti vostri".

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