Simone Nobili, il modello che ha conquistato Dolce & Gabbana

«Faccio il modello ma non mi sento tale e non sarà la mia vita ancora per molto. I miei obiettivi sono principalmente il teatro e il cinema...». A raccontarsi è Simone Nobili, 21enne diCastelnovo Monti, indicato come una delle promesse della moda internazionale. Ma più che una promessa, Simone è già una realtà. Spesso lo si vede su riviste e quotidiani nazionali, come uomo immagine dei più importanti brand del settore, nonostante sia giovanissimo e abbia cominciato il mestiere da due anni. Soprattutto nella diffusissima campagna pubblicitaria primavera-estate 2012 di Dolce&Gabbana, tra due modelle di calibro mondiale come Monica Bellucci e Bianca Balti.

Viso acqua e sapone, faccia da bravo ragazzo, già sogno delle teenager. Ben due fan-page (non gestite da lui) su Facebook con numeri da capogiro (più di 8.000 fans). Lo abbiamo incontrato nella sua Vetto, dove torna per ricaricarsi appena ha un week-end libero. Riflessivo e introverso, anche se grazie alla moda ha imparato a «superare l’imbarazzo di stare a contatto con la gente». Risponde alle domande con numerose pause riflessive e una dizione perfetta.

Simone, da Vetto alle passerelle più importanti del mondo. Come ha cominciato?
«E’ nato tutto per caso. Non ho mai pensato di fare il modello. A settembre 2010 mi sono trasferito a Milano, per cambiare vita. Non ero soddisfatto di come andavano le cose a Vetto, una realtà troppo piccola che pensavo mi precludesse tante occasioni. Così mi sono iscritto a scienze motorie, a Pavia, che ho lasciato dopo poco. Poi nel novembre del 2010, un amico mi ha presentato a un agente di modelli. Pochi giorni dopo mi sono presentato in agenzia, ho posate per alcune foto e gli sono piaciuto».
Poi?
«All’inizio è stato come scoprire un mondo nuovo, sentivo dire fosse fantastico ma non mi piacque. Poco dopo ho fatto alcuni ottimi servizi fotografici che mi hanno fatto fare passi in avanti, nella moda che conta. Così dopo pochi mesi ho fatto la prima sfilata in passerella a Milano, per Napapijri».
Dopo il debutto ha spiccato il volo.
«Sì, ho fatto molti servizi che hanno arricchito il mio book e colpito alcuni stilisti. A giugno 2011 ho avuto il boom. Dolce&Gabbana mi contattò per un casting. Arrivato di corsa, con due ore di ritardo, vidi Stefano Gabbana che stava per andarsene e gli chiesi se potesse comunque vedere il book. Non ci speravo più e invece due giorni dopo mi hanno chiamato...».
Da qui in poi tutto in discesa o meglio, tutto in salita fino all’Olimpo della moda.
«Mi reputo molto fortunato. In pochi mesi sono arrivato al top. La sfilata per Dolce & Gabbana mi ha lanciato verso Parigi dove ho lavorato per Givenchy, una delle maison francesi più influenti in questo momento. Queste due sfilate mi diedero grande visibilità e nel gennaio 2012, a Milano, feci ben dodici passerelle per brand tra cui Valentino, Cavalli, Calvin Klein... Poi sono stato a New York per la settimana della moda. Dopo queste esperienze mi sono reso conto che stavo facendo qualcosa di importante e che il mio volto stava funzionando».
Qual è la sua forza secondo lei?
«Il mio vantaggio è che sono italiano ma non lo sembro...».
Cioè?
«Ci sono pochi modelli italiani che lavorano ad alto livello, forse due o tre. L’uomo italiano ha tratti che non sono molto considerati. Io sono tra i pochi perché ho le sembianze di un nordico, almeno così mi dicono. Ma il fatto di essere italiano mi dà vantaggi perché i marchi migliori sono nel nostro paese».
Il culmine è arrivato con la campagna primavera-estate di Dolce&Gabbana...
«E’ stato l’apice. Sono stato scelto come uomo, in una campagna che non prevedeva alcun modello. E’ stato memorabile lavorare con Bianca Balti e Monica Bellucci. La prima è molto simpatica, ci avevo già lavorato insieme, è semplice e molto ‘alla mano’. La seconda diciamo che fa più la star... Abbiamo realizzato il servizio a Portofino, si ispirava al film “Pane, Amore e... “. Mi sono comunque trovato a mio agio davanti alla camera, nonostante il cast d’eccezione».
Preferisce il “mondo della recitazione” alla moda?
«Se devo essere sincero sì. La moda non mi appassiona. Faccio il modello ma non mi sento tale. Non voglio sputare nel piatto dove mangio, non nego che questo mestiere mi stia dando un’indipendenza economica, però a volte mi sento limitato perché in questo lavoro non serve l’uso del cervello. Non credo la bellezza esteriore sia un punto d’arrivo, infatti credo nelle emozioni e nella crescita intellettiva. E’ per questo che studio ogni giorno, leggo molto, mi interesso di arte, poesia, musica, teatro, cinema e a tutto ciò che può saziare la mia avidità di conoscenza e crescita».
Nel backstage della moda è vero che non è tutto luci e paillettes?
«Sì, ci sono degli aspetti marci. E’ un mondo pieno di invidia, di persone opportuniste, di falsità e di megalomania. Chi lavora nella moda non fa fatica a trovare persone con cui divertirsi ogni sera, party megagalattici e altro tipo di svaghi... Ma non si fa fatica neanche a rimanerne fuori. Io non frequento gli ambienti mondani. Ci sono modelli che si fanno trattare come zerbini, pur di arrivare. Io sono agli antipodi, lavoro con rispetto e professionalità e pretendo altrettanto».
Non farà fatica a fare strage di donne...
«Non sono il tipo da avventure. Sono fidanzato. In un film il protagonista (Sean Penn in Into The Wild) dice: Happiness only real when shared. (La felicità è reale solo quando è condivisa). Condivido pienamente...».

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