"Un amore lungo venti anni ecco la mia storia fuorilegge"


Intervista allo stilista Stefano Gabbana: "Sì ai Pacs, no ai matrimoni gay"Il racconto della vita con Domenico Dolce, i suoi sogni, il dolore di credente (10 dicembre 2006).

"Vivi per vent'anni con una persona: sempre insieme, ogni giorno e ogni notte, lavoro, vacanze, ogni pensiero, ogni minuto, ogni gesto, tutto. Che cos'è, se non un matrimonio?". Stefano Gabbana parla della sua lunghissima storia d'amore con il suo socio, il suo amico, il suo ex compagno, il suo ex "marito" Domenico Dolce ed esulta per l'approvazione dei Pacs dietro l'angolo. "Non ne faccio una questione di omosessualità ma di coppie di fatto, indipendentemente dal sesso di chi le compone. Sono in ballo i diritti umani ed è una vergogna che l'Italia sia uno degli ultimi paesi in Europa a legiferare in questo campo". La sua è una testimonianza travagliata e a tratti contraddittoria, fatta a cuore aperto, con picchi d'angoscia e pause di felicità. Stefano Gabbana è a Londra per il ponte dell'Immacolata. Quattro giorni di vacanza con il suo nuovo compagno con il quale progetta di stringere un Pacs, non appena la nuova legge entrerà in vigore. Quattro giorni di relax, di shopping, di visite a gallerie d'arte, mercatini come Portobello, negozietti a Notting Hill, un salto al Covent Garden, lunghe passeggiate, l'acquisto di nuove palle di Natale di cui fa voracemente collezione. Una vita di privilegio la sua, sulle ali del successo, del talento, della notorietà, confortato da un fatturato aziendale che supera i 700 milioni di euro l'anno. "Vivere in coppia con un altro uomo senza subire discriminazioni è stato possibile solo da quando sono diventato famoso. Certo se lavorassi alla Breda, se facessi il cassiere al supermercato, o il tranviere chissà quante mortificazioni avrei dovuto sopportare. Se invece vengo accettato lo devo per l'ottanta per cento alla mia notorietà". E per il restante venti per cento? "Al rispetto umano che certa gente sa dimostrare. Non tutti pensano che gli omosessuali siano anormali, non tutti necessariamente li disprezzano".
Com'è cambiata la sua vita da quando ha deciso, da un giorno all'altro, di fare coming out dalle colonne di un settimanale? "Tutti lo sapevano ma nessuno osava dirlo. Quello che la gente ha apprezzato, per lo meno credo, è che Domenico ed io abbiamo raccontato una grande storia d'amore, non una storia a sfondo sessuale. Amore, capisce? Io credo che già nelle scuole elementari dovrebbero insegnare che la diversità sessuale non è un peccato. Si è omosessuali come si è biondi o bruni o con la pelle nera o con la pelle bianca. Siamo tutti uguali: questo andrebbe insegnato. E invece c'è ancora tanto razzismo in giro". Non solo edonismo per Stefano Gabbana a Londra: "Oggi ho cercato una chiesa cattolica dove potere accendere un cero alla Madonna. Lo faccio spesso. Lo faccio per ringraziare di tutto quello che ho. Io sono credente e praticante ma non è facile, essendo anche omosessuale. Per questo non faccio la comunione. Non posso farla. Amare una persona del mio stesso sesso è peccato. Amare un uomo, desiderarlo, fare l'amore con lui è peccato. Dovrei confessarmi, dovrei continuare a pentirmi e poi peccherei ancora e dovrei confessarmi di nuovo. Eppure non ho trovato in nessun passo del Vangelo una parola contro gli omosessuali. Mi sembra che Gesù Cristo non si sia mai pronunciato sul tema, non abbia mai condannato l'omosessualità. E io non mi sento così lontano da Dio". Ammettere pubblicamente di essere gay gli ha provocato un terremoto in famiglia: "La sciocchezza che ho fatto è stata di non avvisare i miei genitori, i miei fratelli, i miei parenti. E così mio padre e mia madre lo hanno saputo dal telegiornale. Soprattutto mia madre l'ha presa malissimo. Poi alla fine mi ha detto: ok, posso anche accettarlo, ma mi vergogno, che cosa gli dico ai vicini di casa? Ho dovuto spiegarle tutto, calmarla. Le ho detto: guarda, mamma, che io non sono un assassino, io non faccio del male a nessuno. Invece di amare una donna amo un uomo. Ma è sempre amore". Il sogno della sua vita, oggi a 44 anni, è quello di avere finalmente un figlio: "Non un bambino da adottare, non mi sento all'altezza, non sono abbastanza forte. Vorrei un figlio mio, un figlio biologico, frutto del mio seme, da concepire con la fecondazione assistita, perché non avrebbe senso che io facessi l'amore con una donna visto che non la amo, e che chi amo, oggi, è il mio compagno. Cerco una donna civile e perbene che condivida un certo tipo di percorso". Una donna che faccia la madre a tempo pieno abitando a un passo, come capita a volte nelle coppie separate. Progetto di non semplice realizzazione. "Proprio una settimana fa all'improvviso ho chiesto a una mia cara amica, che ha dodici anni meno di me: vorresti essere la madre di mio figlio? È rimasta sconcertata. Il giorno dopo mi ha telefonato e mi ha detto: sono ancora sotto shock, però sarebbe una cosa stupenda. Vede, io sono contrario al fatto che un bambino cresca con due genitori gay. Un bambino ha bisogno di un padre e di una madre. Io non posso pensare alla mia infanzia senza mia madre. E ritengo che sia crudele togliere a una madre il proprio bambino". C'è stato un momento in cui Stefano Gabbana, attorno ai vent'anni, è stato sul punto di sposarsi: "Ho avuto anche tante ragazze, nella mia vita, quando ero giovanissimo. E per questa avevo preso proprio una brutta scuffia. L'ho completamente persa di vista. So che si è sposata e ha dei figli, sono contento per lei". Racconta che l'anno più duro della sua vita è stato quando la sua storia d'amore con Domenico Dolce è andata a monte. Fu il partner a tradirlo: "Ho preso una sbandata, è stato un incidente di percorso", confessò Dolce. E Gabbana lo lasciò. Vent'anni o quasi sempre insieme; all'inizio vivevano in un monolocale in piazza Cinque Giornate a Milano, un unico tavolo su cui disegnare, li chiamavano "i barboni", nessuno avrebbe scommesso due lire su di loro. Sfondarono "grazie alla testardaggine e all'amore - dissero - il nostro e quello per il nostro lavoro". Lasciarsi non ha significato cadere in disgrazia. "Mi stupisco come siamo riusciti a superare il momento traumatico della rottura, quei casini terribili che esplodono in ogni coppia che va in frantumi, etero o omo che sia, i litigi, questo è mio questo è tuo, le ripicche, la guerra dei Roses. E invece eccoci qua. Siamo ancora legatissimi e sa perché? Perché la nostra è stata e rimane una grandissima storia d'amore. Io ho una relazione con un'altra persona ma il mio legame con Domenico rimarrà il rapporto più importante della mia vita. Siamo riusciti a restare, intelligentemente, buoni amici e grandi complici. Invece di mandare a carte quarantotto l'azienda abbiamo lavorato, lavoriamo e continueremo a lavorare insieme, ogni giorno nella stessa stanza. È stato difficile ma ci siamo riusciti". I giornali hanno scritto: separati in casa. "In realtà non è così, ognuno ha la sua vita però siamo ancora legatissimi. Vacanze insieme, viaggi insieme, molti weekend insieme. Ci telefoniamo molte volte al giorno, l'ultima volta Domenico mi ha chiamato un'ora fa e abbiamo parlato dei regali di Natale. A Milano abitiamo nello stesso palazzo, io al sesto piano e lui al quinto. Abbiamo vite separate e indipendenti ma siamo rimasti molto molto amici. Direi che fra noi è cambiato il tipo di amore: quello di oggi è un amore ancora più profondo". Quando stavano insieme si definivano complementari in tutto: nel lavoro, nel tempo libero, nei progetti. Dove non arriva l'uno arriva l'altro, siamo come Sandra Mondaini e Raimondo Vianello, ripetevano ridendo. Chi è, o chi era Sandra, e chi Raimondo? "Tutti e due, a turno. Gliel'ho detto: eravamo intercambiabili, anche in questo". Come mai, anche nel suo campo, sono così timidi i coming out fra gli stilisti? "Sono cose molto personali. Dipende da che background hai, da che età hai, da come vivi il problema. Perché è un problema. Perché l'omosessualità ti fa sentire inferiore, ti fa sentire diverso, non accettato. Io sono stato cinque anni in analisi: dai 39 anni fino a pochi mesi fa. Non perché sono omosessuale, pensavo. In realtà ho scoperto che la maggior parte dei miei problemi nasceva proprio da quello. Quando tu, già da bambino, hai paura di essere rifiutato, quando non parli con nessuno nemmeno in famiglia, quando vivi tutta la tua vita con un senso di colpa, quasi disprezzando te stesso, come puoi crescere bene? È difficile parlare pubblicamente di questo, è difficile quando hai la consapevolezza di essere un problema, per la società, per la famiglia, per i genitori, per la chiesa. Ti senti di troppo, ti senti sbagliato, fai fatica tu per primo ad accettarti, figuriamoci a farti accettare dagli altri...". È favorevole ai Pacs come forma di tutela ma non ai matrimoni gay, che liquida come "una pagliacciata". Spiega: "Io sono stato sposato per vent'anni e non ho mai firmato nessun contratto. Non occorre secondo me firmare un contratto per essere fedeli. Non occorre andare in comune, scambiarsi gli anelli. Sì, se ti piace fare una grande festa, falla, ma il matrimonio gay è una sorta di caricatura. E anche il matrimonio tradizionale, a ben vedere, è una caricatura. Per come la vedo io l'impegno dovrebbe essere per tutta la vita, ma poi non è mai o quasi mai così. Ci si lascia con una tale disinvoltura, con tanta di quella superficialità. Io ho di fronte ai miei occhi l'esempio dei miei genitori, che sono sposati da 55 anni. Hanno sicuramente attraversato dei momenti difficili, ma hanno resistito. Se la palestra di vita è la famiglia, il loro è stato un esempio fantastico...". E a proposito di caricature, se c'è una cosa che odia è l'esibizionismo dei gay pride: "Divento omofobo anch'io. Non ho nulla contro i travestiti e le drag queen, ma la colpa è forse dei media che danno troppo spazio a certe manifestazioni folcloristiche che alla fine sono controproducenti. Per l'opinione pubblica l'omosessualità si riduce a quello. Io non mi riconosco in loro, io non sono così. Se tu mi fotografi in mezzo a cinquecento uomini, io sono come tutti gli altri. Mia madre per prima si stupisce, quando vede al telegiornale le immagini del gay pride; mi dice: tu non sei così! Io non sono così". È tramontato ogni progetto di darsi alla politica. Di destra ma senza fanatismi, si definisce "troppo poco diplomatico". E spiega: "Io per carattere sono sempre molto diretto, irruente, per niente politico. Domenico in questo è molto più bravo di me". Ma non si era parlato di lei, l'anno scorso, come di ipotetico candidato sindaco a Milano? "Sì, è vero. Mi piacerebbe molto fare qualcosa per il sociale, e per la mia città. Ma non sono all'altezza. Non avrei la pazienza, tutte quelle riunioni, incontrare tanta gente, mediare. E poi so fare un altro mestiere, che mi piace molto". Domattina sarà al lavoro, accanto al suo monumentale albero di Natale "che sembra quello di Moira Orfei". Ne ha due, giganti, gemelli: uno a casa e uno nell'ufficio in via San Damiano, arredato in tutto e per tutto come una casa. Torna da Dalì e da Lola, i suoi due amatissimi labrador: "Forse li amo così tanto perché non parlano. Certo gli faccio fare una gran bella vita, tutto tranne che una vita da cani. Li coccolo, li pettino, li vizio. Lola ormai ha undici anni ed ha un'artrite deformante, ha problemi alle zampe anteriori e la sto curando con l'omeopatia. Le faccio anche degli impacchi di Voltaren e dopo le metto delle speciali calzine. Tutto l'affetto che potrei dare a un figlio per ora lo riverso su di loro. Quello di cui hanno bisogno, senza chiedere nulla in cambio, è solamente amore".

1 commento:

Anonimo ha detto...

Bellissimo mi ha commosso .Sono una mamma e spero che ti arrivi il mio abbraccio.In bocca al lupo x tutto. Grazia

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