"Dolce & Gabbana lasciano..."

Sussurri e grida sono la norma nel mondo della moda, soprattutto quando si celebra lo stanco rito delle passerelle. Stavolta, però, le voci suonano come schiamazzi da cortile: fastidiose, pesanti, incontrollabili e proprio per questo molto pericolose. Ieri alle sfilate di Milano Moda Uomo per l'estate 2010 circolavano notizie allarmanti prima sulla salute di Giorgio Armani (sta male, malissimo, non può nemmeno parlare), poi sulla situazione finanziaria di Dolce & Gabbana (sono in crisi, chiudono i negozi, dovranno vendere l'azienda per pagare il fisco). Inevitabile chiedersi come facevano i latini cui prodest, a chi giova questo insistente spettegolare su qualcosa che per l'Italia è più prezioso del petrolio. Il signor Armani ha oltre 5.000 dipendenti nel mondo e nel 2008, nonostante le straordinarie turbolenze economiche internazionali, ha incrementato il fatturato dell'1,5% fino a 1.620,3 milioni di euro. Dolce & Gabbana, invece, danno lavoro a 3.800 dipendenti diretti e a 15mila persone nell'indotto grazie al successo planetario delle loro collezioni per cui continuano ad aprire boutique (la prossima sarà in piazza San Babila a Milano) dove la gente viene invogliata a entrare anche dalla recente revisione dei listini: ribassati del 15% senza comunque diminuire la qualità del prodotto. Ecco perché ci sembra bello poter dire che entrambe le griffe hanno fatto sfilare collezioni strepitose per la prossima estate: i problemi personali o aziendali che siano, non hanno impedito agli stilisti di lavorare nel migliore dei modi. L'uomo proposto da Armani è come lui in questo momento della vita: un po' più dolce ma sempre impeccabile, capace di grandi riflessioni senza comunque rinnegare se stesso. La giacca, capo-simbolo dello stilista imprenditore, diventa quindi un emblema di lusso sartoriale per i modelli più formali con un solo bottone e revers piccolissimi che enfatizzano le spalle, mentre nel caso di un sorprendente completo con la T-shirt a righe bianche e blu può essere descritta come un nulla che è tutto. Per la prima volta da molte stagioni ricompaiono le cravatte. Formidabile il lavoro sul denim che sembra addirittura gessato e sui pellami preziosi degli accessori: il coccodrillo di alcune borse come il pitone delle sneakers. «Un po' di lusso non guasta anche per gli uomini, alla peggio quella borsa in cocco verrà rubata dalle fidanzate», dice Re Giorgio aggiungendo poi una battuta sul jeans che è un caposaldo del nostro tempo ma per lui non può essere strappato. Per Dolce & Gabbana il pantalone più amato e popolare che ci sia può essere consumato oltre misura e addirittura tagliuzzato perché tanto sotto c'è un leggerissimo pigiama in seta che fa capolino tra i buchi. Abbinato con le sfavillanti giacche ricamate, questo jeans fa un po' la parte del leone addosso ai 58 modelli di rara bellezza (tra loro Jesus Luz, fidanzato di Madonna) scelti per una sfilata che lancia come «nuovo» oggetto del desiderio maschile la reinterpretazione del vecchio borsello: in coccodrillo e molto più bello del comodo obbrobrio che gli uomini portavano negli anni ’70. Sulla passerella di Zegna anche gli accessori sono sobri e al tempo stesso lussuosi a cominciare dai magnifici cappelli. Molto belli i colori (mastice, uva, moka e avorio rosato) ma soprattutto l'uso di tessuti performanti come la lana Cool Effect che abbassa di 10 gradi la temperatura percepita dal corpo. A spiegare perché l'uso di certe fibre vegetali è il massimo della modernità nel mondo della moda, è Ennio Capasa che per Costume National ha fatto sfilare un capo in canapa e caucciù bello da fermare un orologio. Angela Missoni parla invece di colori, voglia di viaggi, di leggerezza e libertà. In una parola Bruce Chatwin visto con gli occhi innamorati di chi sa vedere gli avventurosi anche tra coloro che stanno a casa.

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