Anna Dello Russo, la donna che ha fatto dei vestiti un’ossessione di vita («Negli anni Ottanta, per me, possedere un vestito di Armani, era come avere un pezzo della Cappella Sistina»), è il direttore creativo di Vogue Giappone. Ma è soprattutto la più spiata della moda, la più fotografata. Non c’è niente, del resto, come avere indosso sempre l’abito giusto, per circondare di luce, interesse e morbosa curiosità una donna (i fustigatori del superfluo storcano il naso quanto vogliono: il fenomeno esiste, ed è pure molto vegeto). A lei guardano fotografi e cacciatori di tendenze per intercettare le minime scosse del sistema, perché come un sismografo tarato alla perfezione, le registra tutte. Esercizio cui si è allenata per una vita, da quando, dodicenne, andava a scuola con scarpe borsa e ombrellino coordinati. Non per niente Helmut Newton - autore di un suo bellissimo ritratto - l’ha definita « fashion maniac».
Uno di quei rari casi in cui una passione maniacale diventa non solo professione, ma si tramuta in carriera. Barese, esile più per disciplina che per metabolismo (fa yoga e nuota tutti i giorni, non mangia carboidrati; il suo corpo, dice, rappresenta la lotta continua per essere sempre al top della forma e dell’efficienza), se le chiedi qual è il suo lavoro, dice «io faccio la musa. Sono la vestale della moda». Che potrebbe anche sembrare la risposta di una ragazza egoriferita, ma basta andare su internet per capire che dice la verità. I bloggers la adorano, foto di lei con indosso le più costose delle stravaganze possibili, commenti in tutte le lingue del mondo (il più ricorrente: «nessuno indossa un abito come lo indossa lei»).
Ora, moda nata di recente, i più giovani in discoteca portano magliette con su stampato il suo nome, come è stato per Madonna e Britney Spears. Un fenomeno pop. «Dopo vent’anni che faccio questo mestiere, e dopo essere stata invisibile per quindici, è come se gli obiettivi, all’improvviso, si siano girati e abbiano cominciato a puntare su di me - dice -. Ma è un fenomeno internazionale: l’interesse per gli addetti ai lavori, che sono le nuove celebrities. E’ la virata democratica della moda». Occhiali neri, abito che sbrilluccica, il solito tacco 12 («la moda è anzitutto scomodità; se ti senti comoda, quello è un segnale: vuol dire che non sei vestita alla moda abbastanza Anna Dello Russo sta per entrare alla sfilata di Giorgio Armani, a Milano. Fuori, all’ingresso, è stata una pioggia di flash. Lo sarà anche all’uscita. Una specie di seconda carriera, o no? «Sì, e mi diverte moltissimo», dice. La prima, è cominciata più di vent’anni fa, dopo gli studi in Lettere e ilmaster alla Domus Academy. Un colloquio con Franca Sozzani, ed entra a far parte del megagruppo editoriale Condé Nast. Comincia come fashion editor di Vogue Italia, poi, per sei anni, è direttrice de L’Uomo Vogue; oggi è la mente creativa dietro Vogue Giappone, ruolo che la porta in giro per il mondo buona parte dell’anno. «Per il resto del tempo lavoro via internet. Mi piace molto quella pubblicità che dice: ho inviato la mia mail più importante dal bar. Rispecchia il mio modo di lavorare. Fortunatamente non ho l’obbligo di andare in ufficio».
Esigente, il suo motto è: non cerchiamo amici, solo validi collaboratori. «Una parte di me è teutonica, severa, mi piace stare sul pezzo. E poi c’è una parte molto naif, che è tipica barese». Dice che la moda sarà superflua quanto vogliamo, ma è il linguaggio dell’inconscio, «e allora buttalo fuori, giocaci», dice. E’ il motivo per cui la usa per travestirsi, per concedersi la felicità dell’artificio: «il glam è quella cosa che ti diverte, non c’è bisogno di un fidanzato che ti aspetta o di una festa a cui andare». Si favoleggia sulle sue case (una per sé, un’altra solo per i suoi vestiti), di quella volta che fece aprire un negozio di notte per scegliere gli ultimi arrivi di Balenciaga, delle sue cinquemila paia di scarpe, tutte esposte in libreria. In una recente intervista al New York Times, ha detto che ha un fidanzato ma non vivono insieme: «Non c’è posto per lui, troppi abiti».
Qualcuno sul web, ha proposto per questo di votarla presidente. E la crisi? Basterà schiacciarla sotto un tacco dodici? Diventa seria. «Il mio lavoro ha a che fare con la creatività. Nei momenti più cupi, mi viene chiesto di esprimermi al meglio, di offrire un sogno in risposta alla durezza della vita. La mia professione è fatta della stessa pasta dei sogni», dice conciliando una volta e per sempre Shakespeare e Dolce e Gabbana
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