L’omologazione cede il passo all’interpretazione individuale e risponde alla necessità contemporanea di abiti su misura. Da outsider integrale, Selene Giorgi rifiuta l’etichetta di stilista e decide di fondare il proprio atelier di progettazione sartoriale, senza le stagioni canoniche autunno-inverno o primavera-estate. La sua collezione è un progress in divenire e il destino di ogni capo è trovare il corpo per il quale si è voluto rappresentare una confortante sicurezza. L’apertura a nuovi campi dell’immaginario fornisce la risposta estetica di un guscio salvifico, di un abito vissuto come un destino, che sia anche utile, funzionale e bello. Le sue creazioni sono microarchitetture, laddove la poesia diviene materia concreta da indossare. Sculture mutevoli e suggestioni artistiche si completano con l’avventura della quotidianità.
Selene Giorgi subisce il fascino del tessuto scultoreo, plasmato come fosse creta. Le materie prime sono cachemire, lana e seta pura. Per lavorarle utilizza un'antica tecnica manuale rivisitata. L’interesse per la creatività applicata alla moda si realizza anche nella ricerca di materiali naturali, innovativi, a volte legati a secolari tradizioni. La consapevolezza dell’unità tra integrità della creazione artistica e della natura, si sposa con la profonda relazione tra un modo nuovo di vestire e un modo nuovo di abitare e rispecchia un grande rispetto della persona e dell’ambiente. I suoi capi non nascono da un disegno né da una logica costruttiva classica ma dalla casualità della forma che tecnica e manualità riescono a creare. Questo conferisce al capo una tridimensionalità plastica e allo stesso tempo lo rende unico e irripetibile.
Quando Selene decise di realizzare gli interni degli spazi che avrebbero ospitato le sue creazioni, sentì il bisogno di affidarsi alle mani di un artista con la medesima passione per il lavoro creativo. Per progettarli e realizzarli in progress con lo stesso procedimento dei suoi abiti, ha scelto Giuseppe Amato, le cui committenze sono da sempre solo per clienti che gli permettano assoluta libertà nel processo creativo. Giuseppe Amato è un talento emergente nel mondo dell’architettura. Lavora solo materiali già esistenti in natura, anzitutto il legno e realizza soltanto progetti unici e non riproducibili. La sua formazione l’ha portato a collaborare con lo studio di Sori Yanagi, Nel 2001 per l’anno Italia - Giappone, ha rappresentato gli artigiani italiani a Tokyo. Ha esposto con Ron Arad, Philip Starck, Ross Lovegrove a Milano, Tokyo, New York. Nel 2003, con l’architetto Yurikiro Ishiyama, ha aperto lo Studio Amato-Ishiyama, specializzato in architettura di interni. Nel 2004 apre lo Studio Richini. Qui nasce la serie di architetture di legno “Unexpected homes”. Il primo progetto Nautoscopio, presentato in scala 1:5 al Salone del Mobile 2008, è realizzato in scala 1:1 ed è presentato nel Demanio dell’Autorità Portuale di Palermo come una installazione di arte pubblica nel territorio.
Gli spazi dell’Atelier sono in Vicolo Lavandai: angolo suggestivo e romantico di Milano, è uno dei luoghi più visitati dai turisti stranieri che ritrovano qui la vera “vecchia” Milano. La casa che ospita gli spazi risale al 1600, e si trova sulle rive del Naviglio Grande – una delle grandi opere di ingegneria di Leonardo da Vinci – nel punto di cui il torrente detto Cavo Rizzolino sfocia in Darsena. La stradicciola è da sempre nota come Vicolo Lavandai, perché era il luogo in cui i ricchi milanesi facevano lavare i loro abiti, prima dai loro valets de chambre e quindi da vere e proprie imprese di lavanderia. Carri trainati da cavalli arrivavano carichi di panni da lavare e poi li riportavano, ancora umidi e pronti per la stiratura, nelle case padronali. Chi doveva lavare si portava un cuscino su cui si inginocchiava e un’asse di legno – detta, in milanese «brellìn» – che poggiava davanti alla vasca piena e su cui strofinava i panni. Dopo la lavatura, il bucato veniva steso su corde tese, le cui estremità erano annodate a certi anelli ancora visibili nel cortile retrostante l’Atelier di Selene Giorgi.
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