Fare Social in Cina: Dolce & Gabbana
Secondo i consulenti di Bain & Company, la Cina è il secondo paese consumatore di beni di lusso: ha superato il Giappone ed è subito dopo gli Stati Uniti. Un’altra società, McKinsey, pronostica che entro il 2015 la Cina conterà per il 20% - circa 27 miliardi di dollari - del totale del fatturato luxury.
Le divisioni marketing dei brand di lusso questi dati li conoscono bene e sappiamo che, già da molti mesi, è partita la corsa all’opening di un store in suolo cinese. Ma non è sufficiente. Tutti gli analisti affermano che la Cina è un mercato molto complicato, da approcciare con una strategia articolata che punti a diffondere il brand e non solo a vendere. I vari Chanel, Prada, Versace, Vuitton, giusto per citarne qualcuno anche se la lista sarebbe molto lunga, lo sanno e, piano piano, si stanno adoperando per realizzare progetti tailor made.
In ordine cronologico, l’ultimo evento da segnalare è quello Miu Miu che ha messo in scena al Park Hyatt Hotel di Shanghai un fashion show in mood anni Quaranta. Ed è significativo perché, come già aveva fatto Dior con la sua pre-collezione Primavera Estate 2011 presentata a Shanghai, e Chanel con Paris-Shanghai, il brand del Gruppo Prada ha fatto qualcosa che va oltre il puro opening: ha cercato di coinvolgere l’acquirente cinese con un evento ad hoc. Qualcosa di più di una colonizzazione, insomma, piuttosto la condivisione di un mood.
Già, perché per vincere la diffidenza della cultura cinese è necessario capirne lingua, tradizioni e costumi. Per questo molti brand stanno investendo in un partner di comunicazione e di marketing locale, che sa cosa succede, attento alle opportunità e, soprattutto, capace di dialogare nella lingua ufficiale.
Dolce & Gabbana, per esempio, una delle case di moda che ha capito da subito il valore di Internet e dei social network, ha chiamato i ragazzi della web agency milanese Mikamai e gli ha commissionato un progetto di sviluppo social in Cina. Il primo passo è stato di scegliere una persona in loco, Jessie Qi Xie, che garantisse, appunto, conoscenza della lingua e delle dinamiche dei social network cinesi.
Jessie, durante il nostro incontro, ci ha ricordato che in Cina i vari Facebook, YouTube, Twitter sono oscurati. Quindi, scordatevi le piattaforme social come le avete conosciute finora. In Cina i social media si chiamano Renren, un clone di Facebook, e Kaixin001, il suo maggior competitor. Poi c’è Weibo, un sito di micro blogging più diffuso dei precedenti che si presenta come mix tra Facebook e Twitter. Ancora, al posto di Windows Messenger i cinesi usano QQ, al posto di Blogger, per costruire un diario online usano Qzone e, infine, come piattaforma video si usa Tudou.
Qualcuno potrebbe pensare che si tratta di fenomeni locali con poca diffusione, dimentica che la realtà locale qui è fatta di una popolazione di un miliardo e 400 milioni di abitanti. «Renren ha 170 milioni di utenti registrati di cui 95 milioni attivi – ci spiega Jessie – Kaixin001 ne ha 95 milioni di cui 40 attivi, Weibo ha il 90% del mercato social cinese con 140 milioni di utenti attivi, l’Instant Messenger QQ ha 637 milioni di utenti, Qzone 480 milioni mentre Tudou ha in mano il 50% del mercato video e ogni giorno gli utenti ci caricano circa 20mila nuovi video». Dati notevoli se solo si pensa che gli iscritti a Facebook, in tutto il mondo, sono 750 milioni.
La differenza fondamentale con i social media che ben conosciamo è che in Cina sembra che abbiano le idee molto chiare su come monetizzare la potenziale opportunità data da questi numeri. Anche nei social cinesi esistono le fan pages ed è possibile creare applicazioni, giochi o concorsi per animare e far crescere la propria community, ma il tutto ha un prezzo.
«Per avere l’autorizzazione a creare una fan page – prosegue Jessie – ci voglio alcune decine di migliaia di euro, per contro, però, nel pacchetto sono comprese tante funzionalità volte a far crescere la popolarità del brand, attivate direttamente dai gestori dei siti. Per esempio, un investitore come Dolce & Gabbana potrà essere certo di comparire in modo automatico nel canale Fashion di Qzone».
In conclusione Jessie ci da una sua personale visione del futuro del social in Cina: «Focalizzeremo sforzi e risorse su Weibo e Qzone perché sono le piattaforme più dense di contenuti, le più usate dai fashionisti cinesi e le più tecnicamente strutturate». (fonte: marieclaire)
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