Il giudizio dei buyer sulle sfilate p/e donna 2010
In slalom tra le sfilate da un capo all'altro della città e una miriade di presentazioni in showroom, i buyer italiani criticano il calendario troppo compresso, ma promuovono con la media del 7 la creatività in passerella. E, in tempi di consumi con il contagocce, non è poco. Anche perché quasi tutte le aziende hanno limato i listini per sostenere gli ordini delle boutique multimarca. Non s'azzarda a svelare i marchi che gli sono piaciuti di più Beppe Angiolini, proprietario di tre negozi con l'insegna Sugar ad Arezzo e presidente della Camera nazionale dei buyer: «Il mio ruolo è anche istituzionale e non voglio far torto a nessuno, ma il mio voto complessivo è un 7 e 1/2, tanto che ho confermato il budget di spesa. L'importante è che noi retailer, dopo avere assistito alla "visione" dello stilista-artista nello show, riusciamo a selezionare con ricercatezza quello che può vendere in base all'ubicazione dei nostri negozi e alla conoscenza personale dei clienti. Il total look di un marchio non funziona più, dobbiamo assemblare noi lo stile. E fare quadrato per rinforzare il ruolo di leadership di Milano, infischiandocene se i giornalisti stranieri ci saranno oppure no per tutta la durata del calendario».«Sette e 1/2 anche secondo noi», dice Federico Giglio che con il padre Michele ha ben nove negozi a Palermo. «Ci è piaciuta la sfilata Gucci e Prada ha osato parecchio: bella. Belle anche Scervino e Valentino, che sfila a Parigi ma che abbiamo già ordinato. Comunque, con le pre-collezioni abbiamo acquistato già l'80% del totale e crediamo che sia sempre più necessario anticipare le date delle passerelle femminili. Quelle dell'uomo non servono proprio più».«Soddisfatta, ma purtroppo non stupefatta» Tiziana Fausti, quattro negozi a Bergamo (più uno in arrivo a fine ottobre per gli accessori, progettato da un giovane artista). «Il mio voto? Sei e 1/2, forse 7. Per me da 10 c'è soltanto Balmain, anche se propone una mini-collezione rispetto ai big. Forte la sfilata Gucci, però gli abiti con le piastre di metallo chi se li mette? Dalle nostre parti nessuna. Al top Prada, difficile ma bellissima, e Dolce&Gabbana che ho rivisto come ai tempi d'oro: nelle ultime stagioni faticavo a venderlo perché erano entrati in un mood troppo bon ton. Ora vanno i giubbotti di pelle, le borchie e i jeans. Mi aspetto molto dalle sfilate di Parigi, dove trovo pezzi più carini, anche se sono campanilista e compro tanto made in Italy».«Decisamente deluso» Roberto Trapani, otto negozi a Torino con l'insegna Vertice: «Il mio voto è 6 perché quasi tutti hanno rischiato pochissimo, preferendo restare nel solco della tradizione del proprio marchio. Certo, il consumatore si sentirà rassicurato, ma manca quel qualcosa in più che ti fa brillare gli occhi davanti alla vetrina. Tranne forse Roberto Cavalli, che ha saputo reinventarsi con gli abitini di chiffon fiorato: secondo alcuni non sono sexy come Cavalli ha abituato le consumatrici, ma indossati da ragazze in fiore anziché da modelle ipermagre faranno tutto un altro effetto. Piuttosto, è completamente da rivedere il sistema delle sfilate, perché tra un mese e mezzo l'esercito del fast fashion avrà già in vetrina a ottimo prezzo tutto quello che tra sei mesi nei nostri negozi apparirà vecchio e pure costoso».
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