Sfilate MIlano: Dolce & Gabbana lo chic si disegna con il compasso

Donne a geometria variabile con souvenir barocchi. La moda si complica, scatena la creatività per conquistare anche le clienti più difficili, quelle che non hanno più voglia di niente. E giù di compasso, squadra e fantasia. Da Dolce e Gabbana il nuovo è una giacca con le orecchie di Topolino sulle spalle, una gonna in damasco a scatola, tipo pacco regalo glamour. Ogni capo ha forme appiattite come sogliole. A questa formula si intercala una teoria di pigiami sontuosi da sfoggiare accessoriate come Madonne. In testa, al collo e in vita, grovigli di fiocchi, cammei, medagliette. «Oggetti che sembrano raccolti in un palazzo siciliano che trasuda nobiltà e messi insieme in modo disordinato, ma con atteggiamento aristocratico», spiegano i due stilisti. In prima fila una sfilza di belle vere: da Jennifer Lopez a Claudia Schiffer, fino a Monica Bellucci e Eva Herzegova. E Naomi? C’è, c’è. Arriva all’ultimo minuto, si siede, poi si alza arrabbiata, scompare e ricompare. E’ in ansia, il suo fidanzato miliardario, il russo Vladimir Varonin è più in ritardo di lei. Finalmente eccolo, la sfilata può cominciare. Spigoli pentagoni e cerchi a volontà per un guardaroba futuribile, che affonda le radici nel passato. E culmina con immensi abiti meringa, di rete metallica su cui sbocciano peonie con i petali ripieni per dare l’idea della carnosità. Scatole capaci di assottigliare la vita con effetti ottici, tessuti che non sono quel che sembrano.

Dolce & Gabbana, Donatella Versace e Karl Lagerfeld sono scesi in campo senza incertezze, senza un filo di timore nel rilanciare la palla oltre lo steccato buio dell’incertezza. I primi a suonare i tamburi di una guerra chiassosa e divertente sono stati proprio i due stilisti, circondati da un parterre di stelle che sono prima di tutti amiche: Naomi Campbell, Monica Bellucci, Claudia Schiffer, Jennifer Lopez, Eva Herzigova. Sì, c’è anche Matthew McConaughey, testimonial del nuovo profumo, uomo dalla bellezza imbarazzante, un po’ troppo yankee, ma sono le donne della loro vita, le ragazze che hanno sgambettato per chilometri di passerella ad accompagnare Dolce e Gabbana in quella zona imperfetta dell’anima che è la ribellione al destino.
Ora, i due stilisti non temono nulla perché è nella loro natura soffiare nel grande mantice della moda, nel senso di industria, e ricavarne risultati più che apprezzabili, per non dire spesso esorbitanti. Ma c’è anche, in quel loro carattere duro e suscettibile, capace di generosità sorprendenti anche nel semplice tagliare e cucire un abito, un’ostinazione che brucia qualsiasi resistenza. C’è la crisi? E loro inventano il nuovo barocco, che poi è l’ironica esaltazione del pigiama da uomo, rivisitato alla luce di una femminilità «romantica come si può intendere nel Sud, ma non parliamo di ritorno alle origini». Sì perché vedere queste modelle con le loro facce dure, lo sguardo impenetrabile, marciare con pigiami «come si usavano negli anni ’30 o come porta Marcello Mastroianni in “Divorzio all’italiana”» fa uno strano effetto. C’è l’aristocratica flemma meridionale, il gusto barocco che scivola sulla pelle, la sartorialità di mani che hanno modellato prima il desiderio, poi il tessuto.
Ma le linee sono precise, a volte squadrate, c’è una spalla circolare che si alza come una vela, capace di piegarsi dolcemente anche solo per un gesto, ch’è un miracolo di ingegneria. E poi l’ironia sotto traccia, il racconto ascoltato in tempi remoti che diventa cronaca : «Immagini una ragazza che abbia ereditato una bella casa del Sud, con molti arredi, tante cose nascoste, oggetti, anelli, collane, bottoni. È una ricchezza che lei non sa apprezzare, forse perché non ne ha la cultura, ma la curiosità è tanta da spingerla a prendere una cintura e a tempestarla di questi strani oggetti appartenuti a chi è venuto prima di lei».

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